Sembrerà forse un po' strano, ma oggi è stato un giorno di scoperta di un'India molto più bella del solito. Come un risveglio, tra le acque di questo sacro fiume e questa città, in cui si respira, oltre ai soliti discutibili odori, anche un senso di mistico e poetico, che oltrepassa il comune modo di vivere che ho osservato in questo paese. Certo, la religione qui è sempre pronta a manifestarsi in qualsiasi modo, nelle persone, negli edifici, alla vista degli animali per la strada come le madri, ma a Varanasi mi sembra che l'aria sia più densa di devozione da parte dei suoi abitanti.
La mattinata, iniziata con molta rilassatezza, ci ha portati ad incontrare un altro omino, Sanjay, il quale ci ha preso per così dire sotto la sua ala, mentre noi l'abbiamo accolto nel nostro portafogli. Ma devo dire che ne è valsa la pena, perché con la sua compagnia ed i suoi consigli, nonché con il suo trasportarci da un luogo all'altro, ci ha fatto scoprire diversi posti davvero interessanti di questa città. Prima di tutto abbiamo raggiunto uno dei ghat, ossia dei punti di discesa al fiume, presso i quali si recano le persone a lavarsi, o pregare, o lavare i panni e così via. Qui, dopo un'abbastanza lunga contrattazione, abbiamo preso una vecchia barca di legno a motore per dirigerci prima verso sud, al Ramnagar Fort, poi un pochino a nord fino alla moschea Alamgir. Una volta saliti su questa imbarcazione, ci ritroviamo a navigare sulle acque del Gange, che qui chiamano Ganga, per un discreto tempo, che mi ha permesso di osservare moltissimi particolari che mi hanno fatto apprezzare questa città, in modo diverso e forse più delle altre che abbiamo avuto occasione di visitare. L'acqua, seppur densa ed affatto trasparente, accoglieva presso i ghat numerosissime persone intente a lavarsi, ma non solo. Ragazzini si tuffavano e si schizzavano, persone adulte muovevano le mani circolarmente spostando l'acqua con un movimento continuo e concentrato, anziani si lavavano con grande naturalezza e noncuranza, lasciando trasparire come ormai siano abituati a farlo da una vita intera, essendone sopravvissuti. Mentre la barca si allontanava dalla riva da cui eravamo partiti e raggiungeva quasi il centro del fiume, una strana sensazione di avvolgimento è calata, nella consapevolezza che quell'acqua scura e pesante si trovava tutt'intorno a noi. Era bella quell'acqua a modo suo, pur non riflettendo il sole. Laddove non la si guardava in controluce, appariva a tal punto plumbea da sembrare incredibilmente densa.
Dall'altro lato del fiume cominciano a susseguirsi chiazze di verde, alberi ed arbusti, nonché animali. Ovviamente le vacche madri. Queste non passeggiavano lungo il fiume, bensì si facevano il bagno in esso, piene di soddisfazione per il beneficio che ne percepiscono. E intanto i loro mandriani le osservano fuori dall'acqua. Presto, dopo un ponte in costruzione, ecco comparire le terrazze e le guglie del forte, arroccato su di un'altura non troppo elevata, così, assieme al nostro nuovo amico, ci avviamo a raggiungerlo.
Il Ramnagar è, come molti altri luoghi riportati in questa cronaca, uno di quei bellissimi edifici trascurati, questa è di certo la prima impressione. Girando all'interno, nelle stanze del museo, non vi sono oggetti particolarmente interessanti o comunque non valorizzati, mentre gli esterni hanno intonaci rovinati. Eppure sin dall'esterno questo edificio mi ha dato l'impressione di essere più di questo: la varietà dello stile, la ricchezza con cui esternamente si affaccia sul fiume, ha un guizzo di una certa originalità che mi viene difficile descrivere. L'interno è semplice, con un grande cortile centrale, mentre un percorso al secondo livello conduce finalmente all'esterno, su quelle terrazze che avevamo visto dalla barca. Ecco finalmente, capisco il perché di questa sensazione differente: solo qui si trovano due templi, proprio a sottolineare la suggestione della vista sul fiume sacro, che scorre tacito sotto di noi, affacciandoci giù. L'atmosfera si è incupita già da un po', con il cielo scuro e la minaccia di pioggia, ma ormai questo non importa più in questo viaggio, abbiamo capito che si sopporta, si gira comunque anche con la pioggerellina monsonica.
Usciti dal forte, mentre ci avviamo a riprendere la nostra barca, Sanjay ci dice che l'omino in quello stand accanto a noi, proprio lui, fa dei lassi speciali. Per capirci, il lassi è una specie di yogurth denso e dolce, che a Varanasi va per la maggiore. Sanjay dice che questo è il lassi più buono di tutta la città, secondo lui, così ci suggerisce di assaggiarlo. Il mio compagno preferisce di no, io dico ok, tanto più male di come sono stata è difficile poter stare. Mi rallegra molto vedere che anche Sanjay ne prende uno con me e resto sorpresa nel vedere che, mentre io ancora devo finirne metà, lui ne ha già ordinato un secondo e ha finito anche quello. Dice che si beve tutto insieme, che è una bevanda, ma per me è troppo dolce, devo andarci piano. Poi, guardandomi intorno, vedo una tavolata nella stanza accanto in cui l'omino serve i suoi lassi: ognuno ha almeno una coppetta, ma diversi ragazzi, tra cui anche molto giovani, hanno tra le mani delle caraffe di latta piene di quella dolcezza liquida, come a non averne mai abbastanza. Io ringrazio soddisfatta, ma capisco che per loro è come un'abitudine, qualcosa di cui davvero non possono fare a meno.
Aspettiamo qualche minuto vicino alla riva sotto una tettoia, con un gruppo di indiani che già si trovava lì, aspettando che diminuisca la pioggia per poter salpare nuovamente. Sono gentili e ci fanno posto, mentre il nostro amico parla con tutti e scambia battute con chicchessia. Ci rendiamo conto che lui, come si dice a Roma, se la comanda molto da queste parti, conoscendo tutti o sapendosi far conoscere molto in fretta e con naturalezza.
La pioggia continua a scendere, ma più dolcemente, così ci rimettiamo in movimento sul Gange, alla volta della moschea. Veniamo a conoscenza di come, presso questo fiume, non si facciano il bagno solo gli induisti, bensì anche i musulmani, con la differenza che i primi pregano durante il bagno. In questa città la religione hindu e l'islam sono distribuiti in maniera quasi del tutto paritaria, ci dicono. Ma tendono anche a sottolineare, sia hindu che musulmani, che vanno molto d'accordo fra loro. Infatti il nostro accompagnatore hindu non solo ci conduce alla moschea, bensì vi entra con noi. Con serenità chiacchiera con l'omino che ci accoglie e non ci stupiamo nel vedere che entrambi ci spingono a lasciare almeno una decina di rupie nella scatola delle offerte. Ecco, come dicevamo, vanno molto d'accordo.
Percorriamo scalzi la moschea, effettivamente bella, con pareti azzurre e volte scolpite con dettagli a fiori, molto aggraziati. Poi, poco più in là, ecco che anch'essa si affaccia direttamente sul fiume, protagonista indiscusso di ogni attività, di ogni luogo, di ogni individuo che abita questa città. Sembra accompagnare la nostra visita, senza lasciarci mai.
Scendiamo nuovamente verso l'imbarcazione, percorrendo numerosi gradini assai ripidi, lungo i quali si trovano cani appisolati e passeggiano come al solito capre, qui molto diffuse. Il nostro Sanjay, anziché avvicinarsi e fare due carezze al cane, si avvicina alla capra e se la abbraccia. Eccolo lì, questo indiano di una quarantina d'anni, un po' rotondo e dall'aria simpatica, che usa parole tenere che non possiamo capire con questa capretta nera, che tranquilla si fa coccolare da questo sconosciuto. Infine, salendo sulla barca, una madre nell'acqua lì accanto: se la godeva moltissimo, rigirandosi da un fianco all'altro ed adagiandosi sul basso fondale. Ci dirigiamo al punto d'inizio di questa piccola crociera sul Gange e penso che questa città ha davvero qualcosa di speciale, di diverso dalle altre. I disparati colori degli edifici che si affacciano sul fiume, con i loro decori, regalano un'atmosfera di bellezza intrinseca, segnando livelli di abitazioni e di templi su quella riva, presso quei ghat, rivelando il susseguirsi delle vite che ne hanno permesso la realizzazione nella sua complessità. Le pire funerarie sono moltissime, concentrate soprattutto presso due luoghi di cremazione, e fanno pensare a come quelle vite, una dopo l'altra, finiscano inevitabilmente per diventare parte stessa della città e dell'acqua sacra di questo fiume, che le ospita per l'eternità.
Non posso dimenticare di includere la visita a due negozi, altrettanto piacevoli. Il primo di stoffe coloratissime e meravigliose, in cui ci hanno fatto sedere a terra su un materassino e molti cuscini, srotolando una dopo l'altra queste sete colorate sulle nostre gambe. E poi l'artigiano, che ci ha mostrato il suo magazzino con moltissime statuette in pietra e in legno, in particolare anche quello di sandalo. Il profumo è avvolgente, la povere dei piccoli oggetti intarsiati e lavorati resta sui polpastrelli, come una patina liscia. In questo spostarsi tra piccolissimi, microscopici vicoletti, incontriamo molti adulti che ci guardano interessati ma con una certa discrezione, seppur curiosi della nostra presenza lì, essendo gli unici bianchi in circolazione. I bambini sembrano ancor più interessati: due bambine dai sari colorati mi si avvicinano e mi salutano gesticolando, poi mi toccano il braccio per prendermi la mano. Vogliono stringermela, per salutarmi, come fanno le persone grandi, e io ricambio sorridendo, molto volentieri. Un bambino ondeggia su di un'altalena fissata alla porta d'ingresso di una casa, che è piuttosto un arco. Eccolo comparire e scomparire davanti e dietro di noi sorridente, mentre noi lo salutiamo. Ed una bambina dallo sguardo dolce, con i capelli molto scuri e corti, seduta accanto a me presso l'artigiano delle statuette, che mi osserva mentre contratto il prezzo: mi giro e le sorrido, lei fa lo stesso, poi le faccio la linguaccia, lei ride. Il nostro amico le chiede se capisce l'inglese, lei risponde di no. Ma in fondo non serve, non è importante. Ci siamo capite.
Questa giornata mi ha permesso di riabbracciare questa esperienza, di riconciliarmi con questo paese nel modo migliore.